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lunedì 26 dicembre 2016

LA RAZIONALITA' DEL COCCODRILLO #31

Amiche
di frappuccini, carriera e fughe di cervelli

Lucrezia e Sonya si erano conosciute sui banchi di scuola della loro regione depressa. Poi si erano trasferite nella Grande Città per studiare. Presa la laurea avevano tentato la carta dell'estero. Un anno a Londra luogo dove, secondo la vulgata, il mondo si sarebbe accorto di loro e le avrebbe accompagnate al meritato successo professionale.

All’estero le stavano aspettando con un tappeto rosso, pronti a dar loro quei riconoscimenti che in patria venivano negati da quell’ottusità mista a invidia di cui accusiamo chi ci è più vicino.

Come invece accade nel mondo fuori dai blog e dai racconti degli amici degli amici, si erano trovate a dividere un appartamento con della gente allucinante e raschiata via dalla muffa delle rispettive nazioni d'origine. Dopo una lunga serie di vicissitudini, i loro sogni professionali avevano trovato sbocco nel settore commerciale: una faceva la commessa per una linea di vestiti per galline con scarsa autostima in cerca di manzi in discoteca, l'altra serviva bevande per hipster privi del senso del gusto in un noto pseudo bar in franchising.

Il fatto che non fossero nascoste in una cucina ad abbrustolire carne avariata su una piastra o a lavare i piatti era dovuto essenzialmente alla più meritocratica delle caratteristiche: erano carine. Di conseguenza al contatto col pubblico avrebbero attirato (o almeno non allontanato) clienti.

Tutto questo fu vissuto in modo traumatico e doloroso, come solo l’atterraggio al duro suolo della realtà può essere. Fortunatamente, erano sveglie abbastanza da capire che il gioco non valeva la candela e nel giro di un paio d’anni, erano tornate entro i patri confini dove, dopo aver frequentato un corso organizzato dall'Università, vinsero uno stage presso la multinazionale che pagava i pasti a l'Idiota.

In quanto stagiste neo acquisite avevano immediatamente catalizzato l'interesse del coglione che, alla prima occasione utile, le aveva convinte a partecipare ad un party indimenticabile.

Prima che me ne scordi, un’altra caratteristica sgradevole de l’Idiota era il suo assoluto e cieco entusiasmo per tutto ciò che ruotava attorno a lui. Il bar dove prendeva il caffè era bellissimo e il caffè il migliore della città, le sue feste erano sempre incredibili e indimenticabili, i ristoranti che frequentava i migliori, così come i vestiti che comprava, la gente che frequentava, la sua automobile, persino il marciapiede dove camminava era, in qualche modo, più esclusivo degli altri.

Tornando invece a Sonya e Lucrezia, ormai abituate ad una lunga convivenza e a una vita di sogni infranti, scelte coraggiose e condivisioni degli spazi, dividevano una stanza doppia di un grosso appartamento seminterrato abitato da studentesse; ne contammo almeno 5 diverse, cosa che intrigò non poco Nib.

C'è una cosa che può urtare profondamente uno che si alza tutte le mattine per andare a tirare la carretta: condividere gli spazi con degli studenti. Non è per disprezzo spicciolo, il problema fondamentale sono i ritmi diversi di vita che, a meno che non si tratti di studenti zombie, rendono la convivenza inconciliabile. E fu questo il motivo per cui Lucrezia e Sonya iniziarono a passare parecchio tempo a casa da noi.

Nib sembrava estremamente a suo agio, io, per i primi tempi, non vivevo propriamente benissimo la cosa. Non sapevo cosa volevo, non capivo cosa e soprattutto perché lo facessi. Mi lasciavo portare dalla corrente.

Inoltre, il rapporto fra Lucrezia e Sonya era strano. Erano molto amiche, sopravvissute a scelte difficili e a esperienze importanti ma contemporaneamente erano in competizione. Cercavano costantemente di primeggiare l'una sull'altra. Anche io e Nib rientravamo in questa sorta assurda competizione.

Lucrezia era, in fondo, una ragazza estremamente confusa, fragile e a tratti instabile nascosta sotto una maschera da donna-smaliziata-che-non-deve-chiedere-mai. Ed era bellissima. Davvero. Anche troppo, lo ammetto. Di quelle bellezze così estreme che viste sulle copertine delle riviste hanno un senso ma se te le vedi vicino, in giro per casa, ti viene il sospetto di essere di troppo.

Poi c’era un altro problema, a conti fatti era una vera e propria convivenza. In quattro. Di cui due donne. Con un bagno solo. E noi che eravamo poco più addomesticati di due animali da cortile.

Se prima la vivevo male per motivi miei, poi iniziai a soffrire i limiti ambientali. Non penso di essere una brutta persona se penso che ognuno di noi ha diritto ai suoi spazi. Ritrovarmi a non potere reclamare il mio angolo di solitudine per sfogarmi, riflettere o semplicemente annoiarmi quando ne avevo bisogno divenne sempre di più un problema.

CAPITOLO 32

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