Citazione

lunedì 5 dicembre 2016

LA RAZIONALITA' DEL COCCODRILLO #28

Automobile
di risse a Gene Simmons

Scesi le scale a piedi, sentendo in lontananza i vari “non-ti-preoccupare son-cose-che-succedono alla-fine-siam-stati-bene-si-risolve-tutto” di circostanza di quei vigliacchi che si accomiatavano dall’Idiota.

Mi sentivo ingiustificatamente sicuro di me. In effetti, più riflettevo sull’accaduto, più mi sembrava di aver gestito bene la situazione. Nib aveva fatto il Nib (me lo avrebbe fatto notare sicuramente a casa). Io avevo evitato che venisse malmenato (cosa che gli avrei rinfacciato). Lui mi aveva evitato di insultare l’idiota anticipandomi e risparmiandomi problemi con Caterina che era riuscita a tirargli fuori il peggio davanti a testimoni tutto da sola. Mi sentivo Rocky dopo la corsa in salita sulla scalinata.

Nella mente già mi figuravo i pettegolezzi.

“Caterina ha lasciato l’Idiota”
“Beh, puoi biasimarla? Ti ricordi come l’ha trattata davanti a tutti?”
“Sì è stato proprio uno stronzo… dovrebbe ringraziarla… io non lo avrei semplicemente lasciato… gli avrei almeno fatto dei danni o lo avrei sputtanato… magari lo avrei fatto pestare di brutto!”
“Beh, ma tu non lo avresti nemmeno deriso davanti a tutti”
“Forse hai ragione… però… ma te li ricordi quei calzoni?”
“Ma guarda che costano un sacco!”
“Ok, ma facevano schifo, poi addosso a lui…”
“Vero… in effetti tu non avresti mai sopportato uno vestito in quel modo ridicolo!”
“Già, vedi? Ha fatto proprio bene a lasciarlo… e poi ora sembra così felice”
“Beh, lui la tratta come merita, la invidio proprio”
“Anch’io, non avrei mai pensato…”
“Ma nemmeno lei!”
“Ahahahahha ma allora è vero che si sono incontrati per caso in giro?”
“Così mi hanno raccontato!”
“Che storia!”
Eccetera eccetera.

Immerso in questi bei voli pindarici della mente scesi le scale e arrivai al portone. Lo aprii. Uscii. C’era Caterina accucciata, con la schiena poggiata al muro del palazzo che piangeva. Il viso nelle mani.

“Ti va di parlare?”
“Vai via!”
“Io me ne vado, ma sappi che ora arrivano Lorenzo, Bruno, Beatrice e quello inquietante senza sopracciglia…”
Un accenno di sorriso
“Oliviero?”
“Lui!”
“Perché sei solo?”
“Sono andati via quasi tutti e i reduci si sono attardati in salamelecchi al padrone di casa”

Parlando si era alzata. Aveva il trucco degli occhi colato e impiastrato su tutta la faccia.

“Sembri uno dei Kiss dopo una rissa”

Sorrise.

“Cretino”

Risi anch’io porgendole un fazzoletto.

“Se vieni in macchina ho le salviette umide e uno specchio”

Ci avviammo svelti verso la macchina, girato l’angolo sentimmo il portone aprirsi e l’allegra compagnia uscire. Caterina accelerò il passo.

Avevo trovato posto un po’ distante, mentre raggiungevo il veicolo mi resi conto che mio fratello era scomparso lasciandomi le chiavi. Confidai che, alla bisogna, mi avrebbe chiamato.

Camminammo senza parlare, guardando avanti, a passo svelto. Aprii la macchina, ci sedemmo e chiudemmo le portiere. Aprii il bauletto e le passai le salviette, le prese e abbassò il parasole.
“Puoi accendere la luce?”
“Sì, scusa…” e accesi.

“Oh Madonna!” esclamò e si mise a ridere
“Come hai fatto a rimanere serio? Sembro davvero Gene Simmons dopo una rissa!”
“Per me sei carina anche conciata così… almeno più Gene”

Non rispose, fece finta di nulla, restò concentrata a eliminare le tracce di trucco dal viso.

“Stai un po’ meglio?”
“No… e non mi ci far pensare che piango di nuovo…” e si mise a piangere. Questa volta appoggiata sulla mia spalla.

L’improvvisa vicinanza mi destabilizzò. Stavo andando bene fino a quel momento, mi sentivo di essere stato bravo a rispettare spazi e ruoli. Ma così era un casino, entrai in uno dei miei loop. Cosa avrei dovuto fare? Maledissi di non essere Nib, lui non avrebbe pensato, avrebbe agito, fatto la cosa giusta, l’azione perfetta. Io no, io ero lì a pensare che abbracciandola sarei passato per quello che se ne approfittava, restando fermo mi avrebbe preso per indifferente.

So quello che pensate ma da fuori o a posteriori siamo davvero tutti bravi. Sul momento sei in confusione, il sangue freddo non ce l’hai più da un pezzo e sei stanco degli sforzi che fai per simularlo. Pensi tutto e il contrario di tutto, conscio che tanto sceglierai di fare la cosa sbagliata.

L’abbracciai e la tenni stretta, ignorando il fastidio che solo avere un volante e un cambio fra i piedi può procurare. Ma non provai a fare altro, mi faceva pena. Intendo non in senso negativo, pena in senso di tenerezza. Piano piano smise di piangere.

CAPITOLO 29

Se non vuoi perderti gli aggiornamenti, scrivi la tua email lì a destra, dove c'è scritto FEED!


Comincia tutto così

Nessun commento:

Posta un commento