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martedì 17 novembre 2009

miracoli


La notizia del giorno è che buona parte dell’8x1000 destinata allo Stato è finita ai preti. I lettori affezionati di questo inutilissimo blog già avevano letto qualcosa in proposito.

Tanto per mettere il dito nella piaga ricordo anche alcuni dettagli circa le agevolazioni di cui gode zi’ prete:

1. I fabbricati destinati in via esclusiva all’esercizio del culto e le relative pertinenze sono esenti dal pagamento dell’ICI (Imposta Comunale Sugli Immobili). Dal 2007 l’esenzione di estente anche a tutti gli altri immobili di proprietà della Chiesa purché una parte della struttura sia destinata ad attività religiose. In pratica se in un ostello gestito da monache c’è una cappella dedicata a Santa Pupa, l’ostello non paga l’ICI.

2. I preti non pagano l’IRPEF, ovvero, le retribuzioni, di qualsiasi natura, le pensioni e i TFR pagati dalla Chiesa (intesa sia come Santa Sede sia come ente centrale della Chiesa sia come ente gestito dalla Santa Sede) sono senti dall’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche e dall’imposta locale sul reddito.

3. Lo stipendio dei sacerdoti della Chiesa Cattolica non costituisce base imponibile, in pratica non è conteggiato ai fini dell’IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive). Da notare che il TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) prevede che gli enti religiosi, per determinare il proprio reddito d’impresa, deducano, per ogni membro prestante opera nell’attività commerciale imponibile, un importo corrispondente all’ammontare del limite minimo annuo previsto per le pensioni corrisposte dal Fondo pensioni dei lavoratori dell’Inps. Questo vuol dire che si pagano pochissime o niente tasse quando un albergo di proprietà della Chiesa è gestito da suore o preti.

4. Abbattimento del 50% dell’IRES (Imposta sul Reddito delle Società) nei confronti di una serie di soggetti tra cui gli enti di assistenza e beneficenza e gli altri enti il cui fine è equiparato per legge ai fini di assistenza ed istruzione. Il reddito dei fabbricati di proprietà della Santa Sede è esente dall’IRES, mentre i fabbricati destinati esclusivamente all’esercizio del culto e quelli esistenti nei cimiteri e loro pertinenze non vengono considerati produttivi di reddito, a prescindere dalla natura del soggetto che li possiede. Inoltre, gli immobili pontifici sono esenti da tributi sia ordinari che straordinari tanto verso lo Stato quanto verso qualsiasi altro ente.

5. A partire dal 1929, con la firma dei Patti Lateranensi, lo stato italiano si fa carico della dotazione di acqua per lo Stato Vaticano. Il gioco interessante arriva quando di mezzo ci si mettono le acque di scarico, perché Città del Vaticano si allaccia all’Acea, la società romana che gestisce le acque reflue, ma non paga le bollette, perché non riconosce la tassazione imposta da enti appartenenti a stati terzi. In soldoni, non riconosce Acea perché è “straniera”. Quando Acea si quota in borsa nel 1999 si trova a fare fronte nel bilancio a milioni di euro di crediti inesigibili, il Governo Italiano interviene e ripiana con la manovra finanziaria i 44 miliardi di lire di debiti relativi alla fornitura delle acque vaticane. Stessa storia nel 2004: lo Stato italiano tramite la finanziaria 2005 stanzia 25 milioni di euro subito e altri quattro dal 2005 per dotare il Vaticano di un sistema di acque proprie.

6. Le merci provenienti dall’estero e dirette alla Città del Vaticano o, fuori della medesima, a istituzioni o uffici della Santa Sede, ovunque situati, sono sempre ammesse da qualunque punto del confine italiano e in qualunque porto della Repubblica al transito per il territorio italiano con piena esenzione dai diritti doganali e daziari.

7. Ogni Regione, definendo l’entità ed i criteri di applicazione degli oneri di urbanizzazione che i Comuni devono adottare nel proprio territorio, attribuisce una percentuale di tali oneri per finanziare i centri di culto locali: ogni intervento di costruzione e di trasformazione edilizia da parte di cittadini o di gruppi societari, ad esempio la costruzione di una casa, è soggetta al pagamento di una tassa di concessione al Comune in cui tale intervento si svolge. Le opere di urbanizzazione secondaria ammettono scuole e asili, chiese, centri civici, parchi, impianti sportivi, parcheggi. Gli edifici di culto cattolico e gli oratori parrocchiali vengono quindi equiparati ad un servizio pubblico per i residenti, ricevendo una percentuale compresa all’incirca tra il 7% e il 10% degli oneri di urbanizzazione secondaria, a seconda dei regolamenti regionali.

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